- 04 Jul 2025 17:01 - L’esplosione a Roma vista dalla Rete Sismica Nazionale INGV, 4 luglio 2025Vai alla notizia
- 04 Jul 2025 08:00 - Le mappe mensili della sismicità, giugno 2025
Mappa dei terremoti avvenuti in Italia e nelle aree limitrofe dal 1 al 30 giugno del 2025.
Sono stati 1248 gli eventi localizzati dalla Rete Sismica Nazionale dal 1 al 30 giugno 2025, un numero in diminuzione rispetto al precedente mese di maggio, con una media che scende a poco più di 41 terremoti al giorno. Dei 1248 eventi registrati, solo 107 terremoti hanno avuto una magnitudo pari o superiore a 2.0 e 16 eventi magnitudo pari o superiore a 3.0.
Durante questo mese, al di fuori del territorio nazionale, è stata localizzata una sequenza sismica lungo la Costa Albanese settentrionale con 2 eventi di magnitudo ML 4.0 e ML 4.1 tra il 24 e il 27 giugno e altri due di magnitudo compresa tra 3.4 e 3.6.
In Italia non si sono verificate sequenze sismiche rilevanti, se si esclude l’area dei Campi Flegrei dove si sono registrati diversi sciami sismici, con terremoti fino a magnitudo Md 3.2, avvertiti dalla popolazione di Pozzuoli e dei comuni limitrofi. Il 30 giugno, sempre in quest’area, è stato registrato un altro sciame iniziato con l’evento sismico di magnitudo Md 4.6. Questo terremoto – il più forte nel mese di giugno in Italia e tra i più forti mai registrati ai Campi Flegrei insieme a quello del 13 marzo 2025 – è stato localizzato in mare nel Golfo di Pozzuoli in prossimità della costa di Bacoli ad una profondità ipocentrale intorno ai 4 km.
Le mappe, insieme ad altri prodotti del monitoraggio, sono disponibili sul sito dell’Osservatorio Nazionale Terremoti e sul Portale Web dell’INGV.
La rubrica “I terremoti del mese” è a cura di M. Pignone (INGV-ONT)
Vai alla notizia - 02 Jul 2025 14:48 - Prime boe per il monitoraggio degli tsunami nel Mediterraneo
Si è conclusa recentemente la visita dei ricercatori del Centro Allerta Tsunami (CAT) dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) a Valencia nella sede della Mediterranea Senales Maritimos (MSM), la ditta spagnola che sta realizzando le boe d’alto mare per il monitoraggio degli tsunami che verranno installate nel Mar Ionio nei prossimi mesi.
L’iniziativa del CAT, finanziata nell’ambito del progetto MEET del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), coordinato dall’INGV, porterà a un notevole miglioramento delle capacità di “forecasting” degli tsunami nel Mediterraneo.
Durante l’incontro con gli esperti della MSM, i ricercatori INGV hanno potuto verificare lo stato di avanzamento dei lavori, fornire alcuni suggerimenti per il perfezionamento delle fasi finali del progetto, e fissare la data della deposizione in mare tra la fine di agosto e l’inizio di settembre 2025.
Le due boe tsunami saranno deposte nel Mar Ionio e collegate tramite un modem acustico a due sensori di pressione di fondo mare, posizionati a profondità comprese tra 2600 e 3200 metri.Tali sensori, la cui trasmissione dei dati avverrà in tempo reale, sono utili per il rilevamento di eventuali tsunami. Si tratta delle prime boe per il monitoraggio degli tsunami installate nell’area del NEAMTWS (North East Atlantic, Mediterranean and connected seas Tsunami Warning System), uno dei quattro Gruppi di Coordinamento Intergovernativo dell’UNESCO che costituiscono il sistema di monitoraggio degli tsunami a scala globale.
A cura del Centro Allerta Tsunami dell’INGV
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- 01 Jul 2025 19:17 - Terremoto del 30 giugno 2025 ai Campi Flegrei
Alle 12:47 (ora italiana) del 30 giugno 2025, la rete sismica dell’Osservatorio Vesuviano – INGV ha registrato un evento sismico di magnitudo Md 4.6 (±0.3), localizzato nell’area vulcanica dei Campi Flegrei, nel Golfo di Pozzuoli, in prossimità della costa di Bacoli (Figura 1). Una zona sismogenetica dove si registra sismicità. La profondità ipocentrale è stata stimata intorno ai 4 km.
Figura 1: Mappa con le localizzazioni degli eventi dello sciame del 30-06-2025, con magnitudo Md ≥ 1.0. Il colore è indicativo dell’orario di accadimento Una prima valutazione dei dati ha evidenziato accelerazioni del suolo di modesta entità, con valori più elevati registrati presso le stazioni di monitoraggio di Rione Terra, Bacoli e Monte di Procida
L’evento ha rappresentato l’inizio di uno sciame sismico composto da una decina di scosse di energia inferiore, con magnitudo Md ≥ 0.0, tutte localizzate nella stessa area epicentrale, a profondità comprese tra 3 e 4.4 km.
Il monitoraggio multiparametrico indica che, al momento, tutti i parametri diversi dalla sismicità non mostrano anomalie rilevanti, ma mantengono i consueti trend di incremento. Il sollevamento del suolo procede a una media di circa 15 millimetri al mese, come già osservato negli ultimi mesi, e non ci sono variazioni nell’andamento della deformazione crostale. Anche le concentrazioni dei gas emessi dalle fumarole non presentano variazioni significative rispetto alle anomalie abituali.
Come già riportato in precedenti comunicazioni, la sismicità dei Campi Flegrei è strettamente connessa alla dinamica vulcanica, e in particolare alle fasi di sollevamento del suolo, fenomeno noto come bradisismo. L’attuale fase di sollevamento ha avuto inizio nel 2005 e raggiunge i valori massimi nella parte centrale della caldera, circa 500 metri a sud del Rione Terra di Pozzuoli.
Negli ultimi dieci anni è stato osservato un progressivo incremento del numero e dell’energia degli eventi sismici che, tuttavia, per circa il 97% presentano una Magnitudo pari o inferiore a 1.0. Un evento di magnitudo Md 4.6 si è verificato anche il 13 marzo 2025 alle ore 01:25 alla profondità di 2.5 Km, con epicentro in prossimità della costa flegrea, tra Bagnoli e Pozzuoli.
Nel passato, si sono verificate altre fasi di sollevamento del suolo accompagnate da sismicità, le più recenti delle quali nei periodi 1969-1972 e 1982-1984. I terremoti più energetici furono registrati il 4 ottobre 1983 e il 14 marzo 1984, entrambi di magnitudo Md 4.0.
Il consiglio, come sempre, è quello di attenersi alle informazioni fornite attraverso i canali ufficiali dagli enti preposti alla gestione del fenomeno.
Tutti gli aggiornamenti e ulteriori informazioni sono disponibili sul sito web della banca dati GOSSIP dell’Osservatorio Vesuviano https://terremoti.ov.ingv.it/gossip/flegrei/2025/index.html
#INGV #OsservatorioVesuviano #CampiFlegrei
Vai alla notizia - 01 Jul 2025 08:00 - I “pozzi di scienza” dell’Irpinia: studiare le pressioni dei fluidi partendo dalle perforazioni petrolifere
Undici pozzi petroliferi perforati tra il 1961 e il 1999 in Irpinia e nelle regioni vicine rappresentano oggi una fonte preziosa di informazioni sul sottosuolo. Questi pozzi, identificati come “sterili” dal punto di vista minerario, hanno attraversato sequenze di rocce molto simili a quelle della Val d’Agri e del Sannio in Appennino meridionale, aree in cui, storicamente, sono stati scoperti e sfruttati giacimenti di idrocarburi. Nonostante non abbiano raggiunto risorse petrolifere, questi pozzi profondi – in alcuni casi oltre 5000 metri – attraversano complesse falde tettoniche e permettono oggi a geologi e geofisici di osservare il sottosuolo dell’Appennino meridionale con occhi nuovi. In particolare, offrono informazioni cruciali sui processi che coinvolgono i fluidi sotterranei, come acqua, anidride carbonica e idrocarburi.
Un gruppo di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha analizzato i dati geologici, geofisici e geochimici acquisiti durante la perforazione di questi pozzi esplorativi, ricostruendo l’andamento delle pressioni dei fluidi nel sottosuolo dell’Irpinia. Lo studio, che si inserisce in una più ampia ricerca che indaga come le variazioni idrologiche legate alla ricarica degli acquiferi carbonatici (forzanti idrologiche) influenzano le deformazioni crostali in aree tettonicamente attive, ha portato a nuove osservazioni sulla circolazione dei fluidi sotterranei, sul rapporto con le fratture delle rocce (faglie) e sulle possibili relazioni con la sismicità, che, sin dal terremoto distruttivo dell’Irpinia avvenuto nel 1980, ha continuato ad interessare la regione sotto forma di debole sismicità (micro-sismicità).
Un sottosuolo permeabile fino a grandi profondità
I dati di pozzo mostrano che la pressione dei fluidi è per lo più idrostatica: corrisponde cioè a quella esercitata da una colonna d’acqua estesa dalla superficie fino al punto di misura interno al pozzo. Questa condizione suggerisce l’esistenza di una continuità idraulica nel sistema roccioso, cioè di una connessione dei fluidi all’interno della microporosità della roccia, non interrotta da barriere di permeabilità. Sorprendentemente, questa continuità si osserva anche in formazioni rocciose molto diverse per origine e composizione, impilate l’una sull’altra a causa delle forze tettoniche che hanno dato origine alla catena appenninica.
Due serbatoi d’acqua e gas nel cuore dell’Appennino Meridionale
Per comprendere il significato delle nuove osservazioni, è utile fare una panoramica del contesto geologico a partire dal quadro scientifico attuale. In Irpinia, come in altre zone appenniniche, esistono due grandi sistemi rocciosi permeabili:
- Un sistema superficiale, formato da rocce carbonatiche fratturate e carsificate (come quelle dei Monti Picentini e del Monte Marzano), che raccolgono l’acqua piovana e alimentano le grandi sorgenti della zona, con portate di migliaia di litri al secondo.
- Un sistema profondo, costituito anch’esso da rocce carbonatiche fratturate analoghe a quelle affioranti nelle Murge, ma sepolto in profondità, al di sotto del sistema superficiale. Qui i fluidi naturali generati dal mantello e dalla crosta, tra cui anidride carbonica e idrocarburi, interagiscono con i fluidi acquosi originati principalmente dai processi di formazione delle rocce sedimentarie e si accumulano. Uno strato impermeabile formato prevalentemente da argilla sigilla questi accumuli e impedisce ai fluidi di risalire verso minori profondità. Alcuni autori ritengono che questi fluidi siano immagazzinati in condizioni di sovrapressione.
Questi due serbatoi, anche se separati da strati impermeabili, si influenzano a vicenda a causa del peso che il sistema superficiale esercita su quello profondo. Nel periodo delle piogge, con il maggiore immagazzinamento d’acqua piovana nel sistema superficiale, il peso aumenta e, viceversa, nel periodo di magra diminuisce. Questo meccanismo secondo alcuni autori contribuisce alla lenta deformazione di carattere stagionale degli strati superficiali della crosta terrestre e all’attivazione delle faglie profonde, favorendo il rilascio dei fluidi e incrementando la micro-sismicità.
Nuove scoperte e nuove domande
L’analisi dei pozzi ha rivelato che le condizioni idrostatiche si estendono molto in profondità, non solo nei due sistemi rocciosi descritti, ma anche in strati di roccia solitamente considerati poco permeabili, come le argille e i calcari-argillosi, interposti tra i due. Questo suggerisce che l’acqua piovana potrebbe penetrare e circolare nel sottosuolo attraverso percorsi più lunghi di quanto si è ipotizzato finora.
Il sistema profondo può immagazzinare fluidi in condizioni idrostatiche, come nel caso dell’anidride carbonica individuata in fondo al pozzo Acerno-1 nel Salernitano, oppure essere attraversato da fluidi in risalita verso la superficie e in condizioni idrostatiche, come nel caso del pozzo Monte Forcuso-1 in Irpinia.
Figura 1: Andamento della pressione di poro rispetto alla profondità in due pozzi analizzati nello studio.
Tuttavia, intervalli rocciosi con sovrapressioni sono stati individuati in strati argillosi, calcareo-argillosi e gessosi, legati anche a faglie di grandi dimensioni che hanno giocato un ruolo chiave per l’impilamento delle falde tettoniche nel passato. Infine, proprio gli ultimi eventi di compressione tettonica che hanno portato alla strutturazione dell’Appennino meridionale sembrano aver determinato la formazione delle sovrapressioni osservate ancora oggi.
Verso una maggiore comprensione
Questo studio getta nuova luce sui meccanismi di circolazione dei fluidi nel sottosuolo appenninico e sul loro legame con la sismicità. Le osservazioni incoraggiano lo sviluppo di approcci multidisciplinari, capaci di integrare dati geologici, geofisici, geochimici e geotecnici per comprendere meglio alcuni complessi processi naturali. Inoltre, i dati sulla composizione chimica e isotopica dei fluidi presenti nei pozzi profondi saranno confrontati con quelli già noti delle sorgenti termali e dei gas che fuoriescono naturalmente dal suolo in Irpinia. Queste analisi apporteranno nuove conoscenze sul percorso di risalita dei fluidi dalle zone origine (crosta e mantello) alla superficie e sul contributo dei fluidi nella genesi della sismicità.
Pozzi che un tempo sembravano “inutilizzabili” per l’industria petrolifera, oggi si rivelano strumenti preziosi per conoscere meglio il sottosuolo dell’Italia.
A cura di: Eleonora Vitagliano, Luigi Improta, Luca Pizzino e Nicola D’Agostino
L’articolo scientifico è stato pubblicato sulla rivista Tectonophysics ed è disponibile al seguente link: https://doi.org/10.1016/j.tecto.2025.230761
Bibliografia:
Silverii F., D’Agostino N., Métois M., Fiorillo F. and Ventafridda G. (2016): Transient deformation of karst aquifers due to seasonal and multiyear groundwater variations observed by GPS in southern Apennines (Italy). J. Geophys. Res. Solid Earth, 121, 8315–8337. https://doi.org/10.1002/2016JB013361
Tarantino S., Poli P., D’Agostino N. et al. (2024): Non-linear elasticity, earthquake triggering and seasonal hydrological forcing along the Irpinia fault, Southern Italy. Nat Commun 15, 9821. https://doi.org/10.1038/s41467- 024-54094-4
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