•   01 Apr 2025 11:31 - Risultati preliminari sulla faglia di Sagaing in Myanmar, terremoto M 7.7 del 28 marzo 2025

    Il 28 marzo 2025, alle 07:20 ora italiana (12:50 ora locale), un fortissimo terremoto di magnitudo Mw 7.7 ha colpito la regione centrale del Myanmar. L’epicentro è stato localizzato a pochi chilometri a ovest di Mandalay, la seconda città più popolosa del Paese. La rottura lungo la faglia si è propagata in circa 90 secondi e inizialmente, si pensava che avesse attivato una sezione lunga circa 200 km della Sagaing Fault, una delle faglie attive e sismicamente più pericolose del sud-est asiatico. Analisi successive stanno evidenziando che la lunghezza della porzione di faglia attivata potrebbe essere molto più lunga di quella ipotizzata inizialmente e che la rottura si sia propagata verso sud con una velocità particolarmente elevata.

    Qui cercheremo di dare informazioni su alcuni dei risultati davvero preliminari ma che potrebbero chiarire alcuni aspetti evidenziati nelle prime ore.

    La faglia di Sagaing fa parte del complesso sistema di faglie che corrono in direzione nord-sud nella parte centrale del Myanmar e consentono lo spostamento laterale delle placche Burma (a ovest) e Sonda (a est), con la prima che si sposta verso nord rispetto alla seconda. Il meccanismo focale del terremoto del 28 marzo è congruente con questa cinematica e compatibile con l’attivazione della faglia di Sagaing, una faglia ben nota e abbastanza ben mappata in superficie. Si tratta di una faglia trascorrente lunga circa 1200 km e orientata nord-sud che si estende dal Mare delle Andamane, a sud, all’Himalaya sud-orientale, a nord. Se il movimento relativo fra le due placche citate è stimabile in 35-36 mm/anno (e.g. Socquet et al., 2006), la faglia di Sagaing ne accomoda circa la metà, ovvero circa 20 mm/anno (Tha Zin Htet Tin et al., 2022).

    Una domanda a cui stanno cercando di rispondere i sismologi e i geologi in questi giorni è: quanto è lunga la porzione della faglia di Sagaing che si è attivata con il terremoto del 28 marzo? La risposta a questa domanda ha delle importanti implicazioni in termini di estensione del danneggiamento, soprattutto verso il settore meridionale del Myanmar. Sappiamo che per un terremoto forte come quello del 28 marzo la rottura della faglia potrebbe estendersi per una lunghezza da molte decine ad alcune centinaia di chilometri

    Le stime iniziali dello spostamento della faglia sono state calcolate utilizzando solo dati da sismometri lontani. Questi dati hanno consentito di calcolare la magnitudo del terremoto in modo relativamente rapido e accurato, fornendo anche una stima del tempo che ci è voluto perché si verificasse la rottura. Il primo modello di rottura dell’USGS stimava fino a ~5 metri di spostamento su una lunghezza di ~200 chilometri, che andava circa da latitudine ~22,5°N a 20,5°N, con una durata del processo di rottura di circa 90 secondi. Questo numero è coerente con una rottura che si propaga nella crosta a una velocità di ~2 chilometri al secondo (circa sei volte più veloce della velocità del suono nell’aria).

    Le analisi sismologiche successive hanno portato ad un secondo modello, il 29 marzo, con spostamenti (slip) fino a ~6,5 metri su una faglia lunga ~350 chilometri ma che non aveva avuto scorrimenti rilevanti lungo tutta la sua superficie. 

    Ieri sera, 31 marzo, il modello è stato aggiornato grazie ad ulteriori dati disponibili (includendo anche i dati di due stazioni accelerometriche del Myanmar National Seismic Network, MM, https://doi.org/10.7914/SN/MM ed alcuni dati satellitari) e i risultati preliminari suggeriscono una rottura ancora più lunga che raggiunge i 400 km. Le figure successive mostrano la mappa con la traccia della faglia (Fig. 1) e il modello di scorrimento lungo il piano di faglia (Fig. 2), elaborati dall’USGS.

    Figura 1 Proiezione superficiale della distribuzione dello scorrimento sovrapposta alla batimetria GEBCO. Le linee bianche spesse indicano i bordi principali delle placche [Bird, 2003]. I cerchi grigi, se presenti, sono le localizzazioni degli aftershocks, dimensionate in base alla magnitudo. Fonte: USGS.
    Figura 2 Sezione trasversale della distribuzione dello scorrimento (slip) lungo il piano di faglia. La direzione di scorrimento (strike) è indicata sopra ogni piano di faglia e la posizione dell’ipocentro è indicata da una stella. L’ampiezza dello slip è mostrata a colori e la direzione del movimento dell’hanging wall rispetto al footwall (rake angle, angolo di inclinazione) è indicata con le frecce. I contorni mostrano il tempo di inizio della rottura in secondi. L’apparente assenza di slip verso l’estremità meridionale (sinistra) del modello è probabilmente dovuta alla mancanza di dati adeguati. Si prevede che le prossime osservazioni satellitari potranno aumentare la risoluzione in quell’area. Fonte: USGS.

    Una lunga rottura “super-shear”?

    Da questo modello di scorrimento si osserva come la durata del processo di rottura sia di circa 90 secondi,  una stima ragionevolmente concorde con quella che può essere ricavata anche dall’analisi diretta dei sismogrammi. 

    Figura 3 La funzione sorgente (Source time function) per il terremoto del Myanmar, che descrive la velocità di rilascio del momento sismico, riscalata alla velocità di picco (elencato nel grafico in alto a destra come Mr). La linea rossa tratteggiata indica la fine del processo di rottura che si è completato in 80-90 secondi. Fonte: USGS.

    Combinando la lunghezza della faglia con il tempo totale del processo di rottura, è possibile stimare la velocità della rottura stessa. In questo caso, se la rottura della faglia di Sagaing è di circa 400 km (ipotesi attuale), allora la velocità media della rottura è molto più alta di quella comunemente osservata. Pertanto, se il fronte di rottura dall’ipocentro avesse percorso 350 km in 80 secondi (come si evince dal modello), la sua velocità media sarebbe pari a circa 4,4 km/s. In questo caso, il terremoto del 28 marzo ricadrebbe in una classe speciale di rotture di faglia che sono chiamate eventi supershear. Durante questi eventi, la rottura si propaga lungo il piano di faglia più velocemente delle onde S (shear waves o onde di taglio, meglio note come onde S). Quindi, supershear significa semplicemente più veloce delle onde di taglio.

    Proprio come un jet supersonico crea un boom sonico, una rottura supershear crea un’onda d’urto: le aree nella direzione della rottura (in questo caso nella parte meridionale della faglia) saranno colpite simultaneamente da una serie di onde S sovrapposte provenienti da diversi momenti di rottura. Questo genera scuotimenti amplificati e quindi danneggiamenti maggiori. 

    Sappiamo che il terremoto del Myanmar ha avuto origine a nord, vicino a Mandalay. Per stimare anche solo approssimativamente se una parte significativa della faglia possa essersi rotta in modalità supershear con le relative amplificazioni, è necessario conoscere con maggiore accuratezza quanto sia stata lunga la rottura totale sulla faglia, specialmente verso sud, accuratezza che necessita di dati nei pressi della faglia che al momento non sono disponibili. Maggiori certezze in questo senso potranno venire con la modellazione dei dati satellitari quando saranno disponibili e con i modelli dinamici che valuteranno con maggior precisione la velocità di rottura.

    Una rottura lunga il doppio della stima iniziale e l’amplificazione causata da un possibile supershear hanno un’implicazione immediata nella quantificazione dell’impatto sul territorio, in particolare nelle aree a sud della faglia. Ad esempio Bangkok si trova 1000 km a sud dall’epicentro, ma la parte meridionale della frattura è più vicina (circa 600 km). Tuttavia, questo probabilmente non è sufficiente da solo a spiegare i danni avvenuti in questa città. Infatti, è anche possibile che a Bangkok vi siano state amplificazioni causate dagli effetti della geologia locale. Le ampiezze delle onde sismiche in genere aumentano quando le onde attraversano materiali come i sedimenti alluvionali. In alcuni casi, le onde sismiche con lunghezze d’onda specifiche possono risuonare all’interno di un bacino sedimentario e gli edifici con la stessa frequenza di risonanza possono quindi oscillare più del previsto e danneggiarsi. In questo senso possiamo citare ad esempio Città del Messico che nel 1985 subì gravi danni e vittime a causa di un terremoto a 400 km di distanza. La città è, infatti, costruita su un antico bacino lacustre i cui sedimenti tendono ad amplificare la durata e l’ampiezza dello scuotimento. 

    Qui sono riportati gli eventi sismici localizzati finora dal Euro-Mediterranean Seismological Centre (aggiornamento di oggi 1 aprile alle ore 6:32 UTC).

    Terremoti localizzati finora dal Euro-Mediterranean Seismological Centre (aggiornamento di oggi 1 aprile alle ore 6:32 UTC).

    Ulteriori aggiornamenti su questo terremoto saranno possibili quando si avranno a disposizione altri dati per fare analisi più approfondite.

    A cura di Concetta Nostro, Alessandro Amato e Emanuele Casarotti, INGV.

    Referenze

    Hubbard, J. and Bradley, K., 2025. Updates on the M7.7 Myanmar earthquake. An unusually long, possibly supershear rupture.


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  •   01 Apr 2025 09:19 - Le mappe mensili della sismicità, marzo 2025

    Mappa dei terremoti avvenuti in Italia e nelle aree limitrofe dal 1 al 31 marzo del 2025.

    Sono stati 1667 gli eventi localizzati dalla Rete Sismica Nazionale dal 1 al 31 marzo 2025, un numero ancora in aumento rispetto allo scorso mese di febbraio con una media che però rimane costante a circa 53 terremoti al giorno considerando il minor numero di giorni dello scorso mese. Dei 1667 eventi registrati, 231 terremoti hanno avuto una magnitudo pari o superiore a 2.0 e 29 eventi magnitudo pari o superiore a 3.0. Entrambi questi valori sono in linea con il mese di febbraio e si confermano al di sopra di quelli registrati nei precedenti mesi.

    Questo ulteriore incremento di sismicità e del numero di eventi registrati a marzo 2025 è ancora legato, come nel mese di febbraio, alla sismicità nell’area dei Campi Flegrei con diversi sciami sismici registrati e con l’evento più forte verificatosi il 13 marzo nell’area di Bagnoli, di magnitudo Md 4.6 (±0.3), risentito in una vasta area, da Bacoli verso ovest fino ai quartieri orientali di Napoli in prossimità dell’area vesuviana, e in vari Comuni presenti nei quadranti NE-N-NW dell’area napoletana.

    Oltre alla sismicità in quest’area sono stati registrati in questo mese altri terremoti di magnitudo superiore a 4 in diverse aree del territorio nazionale. L’evento di magnitudo maggiore, Mw, 4.8, è avvenuto il 14 marzo al largo della costa garganica, nei pressi di Lesina (provincia di Foggia), con risentimenti diffusi non solo nelle aree costiere e interne della Puglia, ma anche nelle vicine regioni Molise, Campania Basilicata. Nei giorni successivi altri due terremoti di magnitudo superiore a 4 sono stati localizzati nei pressi delle Isole Egadi, ML 4.0 il 15 marzo, e in provincia di Potenza, Mw 4.2, il 18 marzo. Anche quest’ultimo evento sismico è stato ampiamente risentito sia nel Potentino, in altre aree della Basilicata ed anche nelle regioni limitrofe di Puglia e Campania.

    Sempre in quei giorni ricordiamo anche la sequenza sismica in provincia di Catanzaro, tra i comuni di Marcellinara, Miglierina e Tiriolo, già attiva da febbraio, che ha fatto registrare in marzo oltre 300 terremoti di magnitudo non particolarmente elevate, fino a ML 3.4.

    A questo link si trova l’estrazione dal portale terremoti.ingv.it di tutti gli eventi sismici avvenuti in Italia e in aree limitrofe nel mese di marzo 2025.

    Le mappe, insieme ad altri prodotti del monitoraggio, sono disponibili sul sito  dell’Osservatorio Nazionale Terremoti e sul Portale Web dell’INGV.

    La rubrica “I terremoti del mese” è a cura di M. Pignone (INGV-ONT)

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  •   29 Mar 2025 10:40 - Fabio Florindo è il nuovo Presidente dell’INGV

    Con una carriera di alto prestigio internazionale e una comprovata leadership scientifica, Fabio Florindo si prepara a guidare l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia con uno sguardo all’eccellenza e all’innovazione, consolidando ulteriormente la posizione dell’Istituto come punto di riferimento globale nel campo delle Geoscienze.

    Laureato in Scienze Geologiche e con un PhD in Geofisica conseguito presso l’Università di Southampton (Regno Unito), ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità all’interno dell’INGV, dove attualmente è Dirigente di Ricerca.

    “Il mio impegno sarà quello di rafforzare l’INGV con azioni concrete che ne consolidino il ruolo di eccellenza scientifica a livello globale”, dichiara Florindo. “Tra le mie priorità vi è senza dubbio il potenziamento delle reti di monitoraggio, con l’adozione di tecnologie all’avanguardia per una risposta sempre più tempestiva ai rischi naturali”.

    Attraverso progetti interdisciplinari e collaborazioni internazionali strategiche, l’INGV mira ad affrontare le sfide globali legate ai cambiamenti climatici e ai processi tettonici e vulcanici.

    “Grazie a queste e molte altre iniziative”, prosegue Florindo, “l’INGV continuerà a essere un punto di riferimento nella ricerca sulle Scienze della Terra, contribuendo in modo significativo alla sicurezza e alla comprensione del nostro pianeta”.

    Associato di ricerca all’ISMAR-CNR e al Centro Oceanográfico de Registro Estratigráfico dell’Università di San Paolo, Brasile, dal 2022 Florindo ha fatto parte del Consiglio di Amministrazione dell’INGV e ha ricoperto l’incarico di Presidente ad interim, dimostrando capacità gestionali, competenza e visione.

    Florindo è un geofisico molto conosciuto nel panorama internazionale con una rilevante carriera scientifica nel settore della geofisica. È Principal Investigator di numerosi progetti di ricerca internazionali di grande rilevanza, tra cui il progetto ANDRILL, che ha coinvolto istituzioni di Italia, Germania, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti. La sua elevata produzione scientifica include lavori su riviste di primissimo piano ed è riconosciuto per l’impatto significativo che ha avuto sulla ricerca globale.
    A livello internazionale, Florindo è stato insignito di numerosi premi e riconoscimenti.

    L’American Geophysical Union (AGU) lo ha premiato per il suo contributo alla comunità scientifica e lo ha eletto Fellow dell’AGU. È membro dell’Academia Europea e ha ricevuto il titolo di Doctor of Science dall’Università di Southampton per il suo contributo significativo alla ricerca geofisica. Inoltre, il suo contributo al programma di ricerca scientifica in Antartide è stato riconosciuto con la National Science Foundation Antarctic Service Medal, un’importante onorificenza del programma americano per il servizio reso nella regione.

    Comunicato stampa INGV

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  •   29 Mar 2025 06:30 - Inquadramento sismotettonico dell’area colpita dal terremoto (Mw 7.7) in Myanmar del 28 marzo 2025

    Il 28 marzo 2025, alle 07:20 ora italiana (12:50 ora locale), un fortissimo terremoto di magnitudo Mw 7.7 ha colpito la regione centrale del Myanmar. L’epicentro è stato localizzato a pochi chilometri a ovest di Mandalay (Fig. 1), la seconda città più popolosa del Paese. La frattura lungo la faglia ha avuto una durata di circa 90 secondi e sembrerebbe aver attivato una sezione di circa 200 km della Sagaing Fault, una delle faglie attive e sismicamente più pericolose del sud-est asiatico.

    Il Myanmar è situato in una zona di collisione tettonica tra la placca indiana e la parte sud-orientale della placca eurasiatica. In questa regione si localizza il margine trasforme della placca indiana, che governa la maggior parte della deformazione tettonica attiva a sud dell’Himalaya orientale. A partire dal Cenozoico, il movimento verso nord-est della placca indiana ha fatto sì che l’India e il Myanmar occidentale si muovessero rispetto al sud-est asiatico. Questo ha causato la compressione della crosta terrestre a nord dell’India, la subduzione della placca indiana sotto la Sundaland occidentale e la spinta laterale di blocchi di crosta attorno alla parte orientale dell’Himalaya. (e.g. Curray et al., 1979; Yin e Harrison, 2000; Hall et al., 2008; Soe Thura Tun and Watkinson, 2017).

    Fig. 1. Schema sismotettonico semplificato della regione asiatica del Myanmar; le linee nere rappresentano i principali sistemi di faglia presenti nell’area; i pallini colorati indicano gli epicentri dei principali terremoti (M≥6.5) avvenuti nella regione (i colori indicano le diverse magnitudo (da dati USGS earthquake database; sito web earthquake.usgs.gov/earthquakes/search, ultimo accesso: 28 marzo 2025); la stella arancione indica l’epicentro del terremoto di magnitudo Mwpd 7.7 del 28 marzo 2025.
    In questo quadro tettonico, nella parte centrale del Myanmar le placche Burma e Sonda sono collegate da un sistema di faglie che scorrono una accanto all’altra, con un movimento orizzontale destro. Questo sistema permette di assorbire e distribuire il movimento tra le due placche. Il meccanismo focale del terremoto del 28 marzo è del tutto congruente con questa cinematica, risultando infatti determinato da una rottura sismica i cui piani nodali e meccanismo di faglia sono compatibili con l’attivazione di una faglia orientata circa N-S trascorrente destra. Una delle principali strutture tettoniche attive e sismogenetiche del Myanmar è la cosiddetta e succitata Sagaing fault, una faglia trascorrente lunga centinaia di chilometri e orientata nord-sud, che si estende dal Mare delle Andamane, a sud, all’Himalaya sud-orientale, a nord (e.g. Soe Thura Tun e Watkinson, 2017; Raveendrasinghe et al., 2024). Se il movimento relativo fra queste placche è  stimabile in 35-36 mm/anno (e.g. Socquet et al., 2006), la faglia ne accomonda circa metà ovvero 20 mm/anno (Tha Zin Htet Tin et al., 2022).
    L’INGV ha stimato le deformazioni causate dal terremoto del 28 marzo a partire dal modello di sorgente estesa calcolato dall’USGS. Sebbene non si tratti di veri dati misurati, sono comunque utili per delimitare l’estensione della cosiddetta area epicentrale e per pianificare le analisi che verranno fatte con le immagini da satellite. Secondo questa stima (Fig. 2), in area epicentrale le deformazioni orizzontali attese raggiungono circa 1.5 metri e quelle verticali circa 0.5 m. Nei prossimi giorni i dati satellitari permetteranno una stima più accurata.
    Fig. 2 Mappe degli spostamenti orizzontali e verticali simulati in base alla sorgente estesa derivata dal meccanismo focale calcolato dall’USGS. Vedi articolo di Atzori et al. per approfondimenti.

    Il terremoto del 28 marzo è avvenuto in una zona che è stata sede di fortissimi terremoti avvenuti nel negli ultimi decenni, con eventi sismici di magnitudo stimata anche uguale o superiore a 8, alcuni dei quali generati dall’attivazione di segmenti della faglia di Sagaing, che potrebbe essere responsabile del terremoto. Uno dei principali terremoti che ha colpito il Myanmar centrale è avvenuto il 23 maggio del 1912, di magnitudo stimata pari a 7.6-7.7. Ipotesi sulla faglia responsabile di tale evento sono state recentemente fatte (Crosetto et al., 2018; 2019), analizzando le evidenze geologiche di attività recente di un’altra grande faglia trascorrente localizzata poco a est della Sagaing fault, chiamata Kyaukkyan Fault (e.g. Soe Min et al., 2017).Le indagini hanno definito che questa faglia mostra effettivamente evidenze di attività recente su tutta la sua lunghezza, costituite da elementi morfotettonici e dislocazioni di terreni tardo-quaternari lungo la faglia (Figg. 3a e 3b) (Crosetto et al., 2018). Indagini paleosismologiche hanno evidenziato che la Kyaukkyan Fault possa aver contribuito al processo sismogenetico che ha generato il grande terremoto del maggio del 1912 (Figg. 3c e 3d) (Crosetto et al., 2019).

    Fig. 3. a) Depositi alluvionali deformato e dislocato lungo il settore meridionale della Kyaukkyan Fault; le frecce nere indicano uno dei piani di taglio (modificato da Crosetto et al., 2018). b) Immagine satellitare (da Google Earth che mostra un lineamento di faglia presente al’interno di uno dei bacini riempito da sedimenti quaternari e interessato da uno dei rami della Kyaukkyan Fault (Crosetto et al., 2019) c) fotomosaico ortorettificato ed interpretazione stratigrafica di una trincea realizzata per fini paleosismologici attraverso la traccia della Kyaukkyan Fault (modificata da Crosetto et al. (2019). d) un dettaglio della zona di faglia che mette a contatto substrato pre-quaternario e un deposito tardo-quaternario.

    Secondo interpretazioni iniziali, la rottura ha interessato un tratto di faglia noto per non essersi rotto da oltre un secolo. Il tratto colpito sembrerebbe lo stesso coinvolto nel grande terremoto del 1839 (M7.9–8.3), e parzialmente sovrapposto agli eventi del 1930, 1946 e 1956.

    Oltre 800.000 persone hanno sperimentato scuotimenti di intensità pari a IX (violenta) e almeno 4 milioni hanno vissuto scuotimenti di intensità V (forte). A breve distanza dalla traccia superficiale della faglia vi sono città densamente popolate, edifici storici e infrastrutture civili importanti come ponti ed aeroporti (Fi. 4). A Bangkok, a oltre 900 km di distanza, il sisma ha provocato il crollo di un grattacielo in costruzione. 

    Fig, 4 Il ponte Ava, Old Sagaing Bridge, che attraversava il fiume Irrawaddy tra le regioni di Mandalay e Sagaing, costruito dai colonizzatori britannici, è crollato a causa del potente terremoto. Foto: EMSC.

    Dai primi report e immagini provenienti dalle zone epicentrali, pare che ad aggravare l’impatto del sisma hanno probabilmente contribuito ulteriori effetti geologici sismoindotti, fra i quali la liquefazione del terreno. La zona colpita dal terremoto è infatti attraversata da grandi corsi d’acqua come l’Ayeyarwady (anche noto come Irrawaddy), il fiume principale del Myanmar. Questi fiumi hanno deposto nel corso di migliaia di anni sedimenti costituiti da strati di sabbia, limo e argilla, trasportati dall’acqua e accumulati durante le frequenti piene. Questi terreni, detti alluvionali, possono essere  geologicamente instabili, soprattutto quando saturi d’acqua: forti scuotimenti sismici possono causare il fenomeno della liquefazione del suolo che, perdendo consistenza, non è più in grado di sostenere gli edifici e le infrastrutture.

    A cura di Stefano Gori e Emanuela Falcucci, INGV-Rm1.

    Bibliografia

    Crosetto S., Watkinson I.M., Soe Min, Falcucci E., Gori S., Thein. P.S, Sudeep (2019). Searching for the 1912 Maymyo earthquake: New evidence from paleoseismic investigations along the Kyaukkyan Fault, Myanmar. Quaternary International, https://doi.org/10.1016/j.quaint.2019.09.042.

    Crosetto S., Watkinson I.M., Soe Min, Gori S., Falcucci E., Nwai Le Ngal, (2018). Evidence of Quaternary and recent activity along the Kyaukkyan Fault, Myanmar. Journal of Asian Earth Sciences, 156, 207-225.

    Curray, J.R., Moore, D.G., Lawver, L.A., Emmel, F.J., Raitt, R.W., Henry, M., Kieckhefer, R., 1979. Tectonics of the Andaman Sea and Burma: convergent margins. In: Watkins, J., Montadert, L., Dickenson, P.W. (Eds.), Geological and Geophysical Investigations of Continental Margins. American Association of Petroleum Geologists Special Volumes, pp. 189–198

    Hall, R., van Hattum, M.W.A., Spakman, W., 2008. Impact of India-Asia collision on SE Asia: the record in Borneo. Tectonophysics 451, 366–389

    Raveendrasinghe T. D., Xiwu Luan, Jianghao Qiao, Long Jin, Zijie Wang, Aravinda Vikum, Yang Xue, Haozhe Ma, Renchao Yang, Guozhang Fan, Yintao Lu (2024). Unveiling the transtensional geodynamics of Cenozoic depocenter changes in the Andaman sea: Seismic evidence for the existence of the East Sagaing Fault and the Andaman Basin Central Fault Zone in the Tanintharyi region. Marine and Petroleum Geology 164 (2024) 106814

    Socquet, A., Vigny, C., Chamot-Rooke, N., Simons, W., Rangin, C., Ambrosius, B., 2006. India and Sunda plates motion and deformation along their boundary in Myanmar determined by GPS. J. Geophys. Res. Solid Earth 111, 1–11.

    Soe Thura Tun, Watkinson, I.M., 2017. Chapter 19: The Sagaing Fault, Myanmar. In:Barber, A.J., Khin Zaw, Ridd, M.F. (Eds.), Myanmar: Geology, Resources andTectonics. Geological Society, London, Memoirs, 48, pp. 413–441.

    Soe Thura Tun, Watkinson, I.M., 2017. Chapter 19: The Sagaing Fault, Myanmar. In:Barber, A.J., Khin Zaw, Ridd, M.F. (Eds.), Myanmar: Geology, Resources and Tectonics. Geological Society, London, Memoirs, 48, pp. 413–441.

    Tha Zin Htet Tin, Takuya Nishimura, Manabu Hashimoto, Eric O. Lindsey, Lin Thu Aung, Saw Myat Min, Myo Thant (2022). Present-day crustal deformation and slip rate along the southern Sagaing fault in Myanmar by GNSS observation. Journal of Asian Earth Sciences, 228, 105125.

    Yin, A., Harrison, T.M., 2000. Geologic evolution of the Himalayan-Tibetan orogen. Annu. Rev. Earth Planet. Sci. 28, 211–280.

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  •   28 Mar 2025 15:33 - Fibra ottica per le verifiche post sismiche e antisismiche

    La fibra ottica come strumento per rilevare i danni strutturali degli edifici dopo un terremoto, soprattutto nella fase successiva alle prime scosse. E’ questo l’innovativo sistema Foresight che permette di prevedere l’entità dei danni potenziali anche prima della comparsa di segni visibili, offrendo indicazioni vitali per le squadre in risposta all’emergenza. Grazie alle tecniche di interferometria, i segnali trasmessi dalla rete di fibra ottica, presente all’interno delle abitazioni, vengono convertiti per estrarre informazioni e dati utili alle verifiche post sismiche e antisismiche.

    La tecnologia è stata sviluppata da un team di ricercatori del Politecnico di Milano, in collaborazione con ricercatori dell’ INRiMIstituto Nazionale di Ricerca Metrologica e dell’INGV – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. 

    Leggi maggiori dettagli sul sito INGV.

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