- 13 Oct 2025 10:56 - Terremoti e Maremoti. Nuova edizione del libro INGV per conoscerli meglio
Gli eventi sismici e i maremoti sono fenomeni che accadranno sempre in futuro. Per questo è importante conoscerli, imparare dagli eventi del passato e sapere quali sono gli strumenti per scrutare e monitorare la Terra.
Da un decennio il libro “Terremoti e Maremoti” accompagna piccoli e grandi alla scoperta di questi fenomeni e di come ridurre i rischi. In occasione della Giornata ONU per la riduzione del rischio dei disastri naturali, rendiamo disponibile online la nuova edizione realizzata nell’anno del 25esimo anniversario dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che arricchisce e aggiorna le precedenti.
Perché e dove avvengono questi fenomeni? Come si misurano? Quali sono stati quelli più forti in Italia e nel mondo fino ad ora? Qual è la pericolosità del nostro territorio e delle nostre coste? Come possiamo difenderci? Il libro risponde a queste e ad altre domande. Un glossario (“Sconquassi dalla A alla Z”) spiega il significato dei termini tecnici e scientifici, le immagini, raccontano gli eventi del passato e le azioni del presente, le illustrazioni, a cura di Francesca Di Laura, ci immergono con semplicità nel respiro e nel cuore della Terra. In questo libro inoltre raccontiamo anche come l’INGV si occupa ogni giorno della sorveglianza e del monitoraggio del nostro territorio e delle nostre coste.
I testi sono a cura di un gruppo di ricercatori INGV specializzati nella divulgazione di questi temi; il progetto editoriale è del Laboratorio Grafica e Immagini INGV.
“Terremoti e Maremoti” vuole contribuire alla crescita di una necessaria cultura della prevenzione soprattutto tra gli studenti e le nuove generazioni.
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- 10 Oct 2025 08:00 - Monitoraggio sismico, acustico e idrochimico dell’area di Cassino
Dal febbraio del 2016, grazie ad un finanziamento dell’Agenzia di Protezione Civile della Regione Lazio, è iniziato un esperimento di acquisizione di dati sismici con l’installazione di una rete di stazioni sismiche temporanee nell’area compresa tra i comuni di Cassino, Terelle, Piedimonte San Germano e Villa Santa Lucia, e di acquisizione di parametri fisici dell’acqua in pozzo (pressione, conducibilità e temperatura) presso le località di Sant’Angelo in Theodice e di Cassino (pozzo Palombara a Cassino est). L’analisi sismica ha permesso la localizzazione di tutta la microsismicità presente nel territorio di Cassino e, nel caso di magnitudo superiori a 1.0, l’integrazione di questi dati con quelli della Rete Sismica Nazionale (RSN) dell’INGV. Per migliorare le localizzazioni dei terremoti è stato usato un modello di velocità specifico per quest’area (Frepoli et al., 2017).
Un ulteriore obiettivo di questo studio è stato quello di migliorare la conoscenza dei fenomeni dei tremori associati a forti boati risentiti dalla popolazione della frazione di Caira e delle città di Cassino e Villa Santa Lucia oltre che dai pochi residenti nei pressi dell’abbazia di Montecassino. Presso quest’ultima è stata installata una stazione sismica con a fianco un sensore acustico (microfono). Nel corso dell’esperimento è stato previsto anche il calcolo della magnitudo locale (o Richter ML) di tutti gli eventi sismici registrati ed, eventualmente per gli eventi più forti, il calcolo dei meccanismi focali per avere un’indicazione di massima sul campo degli sforzi che agisce nell’area.
Inquadramento geologico, sismotettonico e idrogeologico
Quest’area è localizzata nel Lazio Meridionale, delimitata a NW dal massiccio dei Monti Ernici, a NE dai Monti di Venafro, a SE dai Monti di Rocca d’Evandro e dalla piana del Liri-Garigliano, e a SW dalla Valle Latina. Risulta attraversata da due corsi d’acqua principali costituiti dal fiume Rapido e dal fiume Gari. Il settore ricade nel dominio appenninico centro-meridionale appartenente alla serie sedimentaria laziale-abruzzese. Le acque piovane vanno ad alimentare l’acquifero del sistema montuoso. Le rocce carbonatiche di età cretacica sono quelle che presentano la più alta permeabilità. Sono numerose e abbondanti le sorgenti che bordano il limite orientale della montagna di Cassino a contatto con i depositi alluvionali della piana sottostante. Esse alimentano il fiume Gari, uno dei principali affluenti del Liri.
La sismotettonica di questa porzione di catena è dominata da un regime di sforzi all’interno della crosta che è di tipo estensivo con la formazione di faglie normali orientate NW-SE. Queste faglie, e le strutture secondarie ad esse associate, si ritiene siano responsabili sia dei grandi terremoti storici sia della diffusa attività sismica che oggi viene rilevata con le reti strumentali. Il catalogo dei terremoti storici (Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani, CPTI15) riporta diversi eventi sismici significativi, alcuni molto distruttivi, e per la maggior parte concentrati lungo l’asse principale della catena appenninica. Il primo evento distruttivo (magnitudo Mw 6.8) di cui si ha una buona testimonianza storica è quello del 9 settembre 1349 avvenuto nell’area tra Lazio meridionale e Molise occidentale. La probabile sorgente sismogenetica di questo evento, che è stata individuata da uno studio di paleosismologia ed archeosismologia da Galli e Naso (2009), si estende in parte nella piana di Venafro e nella sua parte occidentale nel settore montuoso di confine tra Lazio e Molise, a sud delle Mainarde. Quello che viene invece considerato l’evento caratteristico della provincia di Frosinone è il terremoto del 24 luglio del 1654 (Mw 6.3) che ha colpito un’estesa area del Lazio meridionale tra Sora, Val di Comino e Roccasecca (Saroli et al., 2012).
Per quanto riguarda la sismicità recente sono da ricordare gli eventi del 17 aprile 1969 di magnitudo ML 4.7 (Mw 4.6) e del 20 febbraio 2008 di magnitudo ML 3.9, entrambi localizzati nell’area compresa tra Terelle, Cassino e Belmonte Castello. Uno studio recente, eseguito grazie all’installazione di una rete sismica temporanea (Cimini et al., 2013; Frepoli et al., 2017), ha evidenziato nel periodo 2009-2013 la presenza di una diffusa microsismicità nel Lazio meridionale con eventi localizzati a profondità intorno ai 10-12 km. Gran parte dei meccanismi focali calcolati in questo studio indicano soluzioni di tipo estensivo con estensione in direzione antiappenninica.
L’assetto idrogeologico contribuisce al quadro di insieme per lo studio dei microtremori che si localizzano proprio al di sotto della struttura del Monte Cairo e di Montecassino. La grande dorsale carbonatica dei Simbruini-Ernici-Monte Cairo che si trova a tergo della zona urbana di Cassino, ha un’estensione di circa 1776 km2. Monte Cairo e Montecassino rappresentano, per la struttura idrogeologica ernica, il vertice di un triangolo ideale dove converge il flusso idrico sotterraneo dell’idrostruttura dei Monti Simbruini – Monti Ernici – Monte Cairo (Boni et al., 1986; Lancia et al., 2018; Saroli et al., 2019). Questa posizione così favorevole fa sì che nell’area ci sia una concentrazione elevata di sorgenti, compresa tra l’abitato di Cassino (Villa Comunale) e la località Borgo Mastronardi, per una portata totale di circa 15-18 m3/s. La risalita dell’acqua è facilitata in tutta la piana dalla presenza di blocchi calcarei affioranti, radicati nel substrato. Esempi di questi blocchi radicati si trovano alle Terme Varroniane e in località Borgo Mastronardi (Saroli et al., 2019). In accordo con Boni (1972), il fattore che condiziona maggiormente il quadro idrogeologico regionale è il contrasto di permeabilità che esiste tra le litologie mesozoiche permeabili e le coperture flyschoidi. Grazie a conoscenze pregresse sull’area (Saroli et al., 2014; 2015; 2019; 2020), si osserva una circolazione profonda ed una circolazione superficiale con direzioni di flusso circa coincidenti. In particolare, l’acquifero multifalda che interessa le coperture quaternarie risulta costantemente alimentato dalla falda profonda in pressione e presenta quote prossime al piano campagna in gran parte del comune di Cassino (Saroli et al., 2014; 2015; 2019).
Figura 1. Stazione sismica temporanea in funzione a Cassino. Molte stazioni sono alimentate con batteria e pannello solare, altre sono direttamente collegate ad una presa di corrente all’interno degli edifici. In questo caso è una stazione con pannello solare situata su un terreno privato. La scatola rossa è il sensore triassiale della SARA Instrument interrato e coperto da un cappellotto. Nello scatolone grigio grande si trova la batteria ed il digitalizzatore Gaia2. L’installazione della rete sismica temporanea, iniziata nel febbraio 2016, grazie a un finanziamento dell’Agenzia di Protezione Civile della Regione Lazio, è stata realizzata in collaborazione con il DICeM – Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale (dove dal 2019 esiste una sede INGV) con un primo gruppo di 6 stazioni sismiche. Negli anni successivi è stato incrementato il numero di stazioni portandolo alle attuali 15 stazioni (Progetto ANSCA – Ricerca Libera). Al momento, nell’area dell’abbazia di Montecassino sono in funzione 6 stazioni concentrate nel raggio di 2 km a partire dall’edificio dell’abbazia stessa. Tutte le altre sono distribuite tra le località di Caira, Villa Santa Lucia, Terelle, Piedimonte San Germano, Pontecorvo, Castelnuovo Parano, San Vittore, Monte Trocchio e Rocca d’Evandro (in fig. 1 un esempio di stazione sismica temporanea).
I dati delle registrazioni in continuo delle stazioni sismiche vengono periodicamente scaricati su un PC e poi archiviati su più memorie di massa. Tutti i dati sismici sono sincronizzati con il sistema GPS. Alla lettura dei tempi d’arrivo delle fasi P ed S degli eventi rilevati da queste stazioni, per i terremoti più forti, vengono associate anche le letture delle fasi sismiche registrate dalle stazioni della RSN. Le stazioni della RSN più vicine stanno a circa 18-24 km di distanza dall’area in studio: Cerasuolo CERA, Arpino LRP e San Giovanni Incarico LIK.
Al momento l’unica stazione temporanea direttamente collegata alla Sala Operativa INGV di Roma è quella installata nei sotterranei dell’abbazia di Montecassino con sigla MCI, in funzione dal luglio 2017. Per i sensori sismici è stato importante trovare siti con poco rumore antropico, ubicati soprattutto su roccia, per poter rilevare bene anche gli eventi meno energetici. La morfologia dell’area da questo punto di vista è un po’ sfavorevole, essendo presente il grande centro urbano di Cassino; inoltre, buona parte dell’area di studio rientra nelle piane fluviali del Rapido-Gari e del Liri.
Dal 2016 ad oggi sono stati rilevati e localizzati circa 8000 eventi sismici di cui solo pochi hanno superato magnitudo 2.0. Gli eventi registrati da almeno 5 stazioni presentano le migliori localizzazioni (vedi figure 2 e 3). Si tratta, nella maggior parte dei casi, di microsismicità superficiale con ipocentri compresi tra 0.5 e 4 km di profondità e con magnitudo davvero molto piccole, anche prossime allo zero. Questa sismicità è quasi tutta concentrata al di sotto della montagna di Cassino, tra Villa Santa Lucia, Terelle, Caira, Rocca Janula ed il Teatro Romano dell’area archeologica di Cassino (figura 3). Infatti, per gli eventi localizzati al di sotto del massiccio montuoso di Montecassino, la differenza dei tempi d’arrivo tra le onde S e le onde P, che varia da 0.25 a 0.60 secondi, indica proprio profondità ipocentrali comprese tra i 0.5 e 4.0 km.
Figura 2. L’area di Cassino con la distribuzione della rete sismica temporanea (stazioni indicate con triangolo fucsia), della RSN (stazioni con triangolo blu) e della sismicità del periodo 2016-2021 con magnitudo compresa tra 0.4 e 2.5. I triangoli neri indicano due stazioni della RSN recentemente dismesse. I tre circoli rossi indicano i tre siti di misura dei parametri fisico-chimici delle acque in pozzo. In basso due sezioni verticali AB e CD con gli ipocentri della sismicità di Montecassino. E’ stato notato che parte della microsismicità si estende anche al di sotto dell’area pianeggiante dove passa la via Casilina e la linea ferroviaria, andando verso la località di Pignataro Interamna. In questo caso, purtroppo, le profondità ipocentrali sono poco vincolate a causa del grande gap azimutale (definito come il massimo valore angolare esistente tra un epicentro, posto al vertice dell’angolo, e le stazioni sismiche che hanno contribuito alla sua localizzazione), poiché è stato difficile trovare dei siti per stazioni sismiche con basso rumore di fondo nella parte immediatamente a sud della montagna di Cassino. Comunque, non si esclude anche la possibilità di cambiare ulteriormente la geometria della rete sismica sulla base della sismicità che si manifesterà in futuro, e possibilmente anche di potenziarla con ulteriori nuove stazioni.
Figura 3. Area di Montecassino con la distribuzione della sismicità localizzata nel periodo 2016-2021. I puntini verdi rappresentano gli eventi più forti, cioè gli eventi localizzati da almeno 5 stazioni. In basso due sezioni verticali AB e CD con gli ipocentri. Importante per la comprensione del fenomeno dei boati avvertiti dalla popolazione in quest’area è l’analisi dei flussi sotterranei delle acque all’interno del sistema carsico. Infatti, la percezione dei rumori sismo-acustici, con successivo tremore ad essi associato, è diversa da quello di un evento sismico. Un terremoto produce oscillazioni sia verticali che longitudinali del terreno (onde P ed S) con rumore acustico dovuto al disaccoppiamento dal terreno all’aria di parte dell’energia dell’onda P. Il boato è probabilmente dovuto ad un improvviso aumento della velocità di flusso delle acque sotterranee nelle condotte carsiche della montagna di Cassino, che supera la velocità di propagazione del suono in acqua, in modo simile a quanto avviene in aria ad un aereo che rompe il muro del suono. Questo fenomeno dei boati causati dal flusso idrico sotterraneo è molto localizzato, cioè se il fenomeno viene avvertito a Caira, non viene avvertito a Cassino e viceversa.
Nell’ultimo anno di monitoraggio (2024-2025) è stata rilevata anche la presenza di sismicità di origine tettonica nelle aree limitrofe a quella qui trattata, come la sequenza nel dicembre 2024 di Roccamonfina, ed altre piccole sequenze presso le località di Mignano Montelungo, San Giorgio al Liri e Sant’Apollinare.
Facciamo il punto
Allo stato attuale delle conoscenze è possibile fare delle prime ipotesi sull’origine della sismicità e dei microtremori e boati. La sismicità intorno ai 7 – 15 km è probabilmente imputabile alla faglia attiva di San Pietro Infine. La microsismicità localizzata tra 0.5 e 4 km ha, invece, una genesi diversa ancora da identificare, ed è caratterizzata da uno stress tettonico molto localizzato che produce eventi molto piccoli con meccanismi focali di doppia-coppia pura, presumibilmente influenzato dalla circolazione di acqua nell’idrostruttura di Monte Cairo.
Per quanto riguarda i boati ed i tremori ad essi associati, risentiti nella frazione di Caira e nella piana di Cassino, in particolare lungo il margine meridionale della struttura di Montecassino, i dati attualmente disponibili non permettono di definire un’unica causa. Tuttavia, è possibile avanzare delle ipotesi all’origine sia della microsismicità localizzata tra 0.5 e 4 km sia dei boati e tremori associati. Questi si localizzano alla base della serie carbonatica dell’idrostruttura di Montecassino (parte terminale della più estesa idrostruttura carbonatica simbruino-ernica-Monte Cairo) che è sede di recapito di una copiosa falda libera (portata di circa 18 m3/s) che satura tutta la serie carbonatica fino alle dolomie basali. Alla luce di quanto riportato, e in base alle attuali conoscenze, le ipotesi più plausibili sono:
- circolazione di masse d’acqua profonde in pressione legate alla presenza di sistemi paleocarsici;
- crolli generati da erosione meccanica e chimica in un sistema carsico sommerso ancora attivo che, come documentato dalla bibliografia, ha la sua massima espressione nei fenomeni di sinkhole e numerose doline presenti nell’area. Le cavità profonde potrebbero dare origine, in fase di collasso, a colpi di tensione o “rock burst”;
- fenomeni legati a colpi di tensione o “rock burst” innescati dall’elevato stato tensionale in cui si trova l’ammasso roccioso. Tale stato tensionale potrebbe essere principalmente di origine tettonica (legato al sistema attivo della Faglia di San Pietro Infine) e subordinatamente legato all’evoluzione del sistema carsico profondo come precedentemente ipotizzato nel punto “b”.
Quindi la microsismicità più superficiale potrebbe avere una genesi differente rispetto a quella situata nello strato sismogenetico tra i 7 ed i 15 km di profondità. Quest’ultima è appunto legata a sorgenti sismogenetiche con cinematica estensiva tipiche dell’Appennino centrale che in alcuni casi potrebbero avere manifestazioni in superficie come la faglia di San Pietro Infine e quella di Posta Fibreno (prosecuzione verso sud della Faglia della Val Roveto o Faglia del Liri nota anche come Faglia Val Roveto-Atina) (Saroli et al, 2022).
Indagini future
Per cercare di comprendere in maniera più approfondita la dinamica profonda dell’idrostruttura del Monte Cairo, che costituisce la zona di deflusso di base del serbatoio regionale simbruino-ernico-Monte Cairo e che trova la sua massima espressione nelle sorgenti del fiume Gari, sono state installate strumentazioni di rilevazione acustica (microfoni) più una stazione fornita di trasduttori di pressione (i.e. livello di falda o portata) e di un sensore per la misura della conduttanza elettrica (i.e. salinità) delle acque presso due pozzi nella zona in studio. Tali sensori permetteranno di investigare l’eventuale correlazione tra variazione stagionale, e non della falda, e l’occorrenza dei boati nell’area investigata. Attualmente si stanno valutando anche i rapporti tra piovosità, scarico alle sorgenti, risposta del sistema idrogeologico, sismicità e microsismicità implementando i dati a disposizione in un modello geologico 3D ed in un modello numerico idrogeologico.
Inoltre, nell’ambito del progetto ACU (DL50) è prevista l’installazione, entro l’anno 2025, della strumentazione microbarometrica nei siti occupati da stazioni sismiche della rete temporanea. Tale rete infrasonica darà un contributo importante per aiutare ad individuare la genesi dei boati.
A cura di Alberto Frepoli (INGV), Gaetano De Luca (INGV), Michele Saroli (INGV-DICeM), Marco Moro (INGV), Matteo Albano (INGV), Enrica Zullo (DICeM – Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale), Luca Pizzino (INGV) , Thomas Braun (INGV).
Fonte foto in evidenza: Ministero della Cultura
Bibliografia
Boni C., 1972. Lineamenti idrogeologici dell’Appennino carbonatico Laziale-abruzzese (primi risultati della campagna 1970-72) E. SA, 2° Convegno Int. Acque Sotterranee, Palermo.
Boni C., Bono P., Capelli G., 1986. Schema Idrogeologico dell’Italia Centrale. Memorie della società Geologica Italiana, 35, 991-1012, 2 tavole.
Cimini, G.B., Frepoli A., De Luca G., Pagliuca N.M., Marchetti A., Giandomenico E., 2013. Studio della sismicità nell’area tra Lazio, Abruzzo e Molise: l’esperimento di sismica passiva del progetto SLAM, Rapporto Tecnico INGV, n. 255.
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Frepoli A., Cimini G.B., De Gori P., De Luca G., Marchetti A., Monna S., Montuori C., Pagliuca N.M., 2017. Seismic sequences and swarms in the Latium-Abruzzo-Molise Apennines (central Italy): new observations and analysis from a dense monitoring of the recent activity, Tectonophysics.
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Saroli M., Moro M., Gori S., Falcucci E., Salvatore M.C. (2012). Tettonica, idrogeologia e carsismo: un nuovo approccio multidisciplinare per lo studio della tettonica attiva. L’esempio della faglia di Posta Fibreno (Marsica occidentale-Lazio meridionale). IV Congresso AIGA, 6-7 Febbraio 2012, Perugia, EngHydroEnv Geology 14B (2012), 215-216, doi:10.1474/EHEGeology.2012-14.B.160.
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Saroli M., Albano M., Moro M., Falcucci E., Gori S., Galadini F. and Petitta M. (2022). Looking into the Entaglement between karst landforms and fault activity in carbonate ridges: The Fibreno Fault System (Central Italy). Frontiers in Earth Science, 10 art. No. 891319, 1 – 16. Doi:10.3389/feart.2022.981319-ISSN 2296-6463.
Licenza
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Vai alla notizia - 08 Oct 2025 07:59 - La scienza per la prevenzione in protezione civile: alla scoperta delle Sale Operative INGV
In occasione della Settimana Nazionale della Protezione Civile 2025, promossa dal Dipartimento della Protezione Civile, ti portiamo alla scoperta del Servizio di Sorveglianza Sismica e Centro Allerta Tsunami dell’INGV. Giovedì 9 ottobre, dalle ore 15 alle 18, potrai seguire in diretta su Youtube il collegamento dall’Osservatorio Nazionale Terremoti di Roma, dove vengono monitorati in tempo reale l’attività sismica che avviene sul territorio nazionale e nel mondo, e il potenziale rischio tsunami indotti da terremoti nell’area del Mediterraneo.
L’iniziativa si inserisce nel programma promosso dall’INGV nella giornata dal titolo “Scienza per la prevenzione in Protezione Civile” che ha come protagonisti università e centri di ricerca nazionali che presenteranno ai cittadini le attività che la comunità scientifica svolge con finalità di protezione civile. L’INGV, in qualità di centro di competenza del DPC, ha aderito alla manifestazione del 9 ottobre, organizzando un tandem di collegamenti online per consentire al pubblico di conoscere le attività di ricerca e monitoraggio che vengono svolte ogni giorno da ricercatori, tecnologi e tecnici dell’INGV per la sorveglianza sismica, vulcanica e ambientale.
Il programma
Dopo l’apertura dei lavori con i saluti del Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini e del Capo Dipartimento della Protezione Civile Fabio Ciciliano, seguirà l’intervento del presidente INGV Fabio Florindo. Cuore del programma saranno i collegamenti dalle Sale Operative INGV dell’Osservatorio Vesuviano di Napoli, dell’Osservatorio Etneo di Catania e dell’Osservatorio Nazionale Terremoti di Roma, e quello con la Sala di Monitoraggio per lo Space Weather. I lavori saranno chiusi da un momento di discussione moderato dai Direttori dei Dipartimenti INGV Ambiente e Terremoti, rispettivamente Fabrizia Buongiorno e Salvatore Stramondo.
Vai alla notizia - 07 Oct 2025 09:01 - La sequenza sismica del 2023 in Turchia e il futuro sismico del settore di Pütürge
Il 6 Febbraio 2023, due forti terremoti hanno colpito il sud-est della Turchia, lungo una delle sue principali strutture tettoniche: la East Anatolian Fault Zone (EAFZ). Si tratta di una delle sequenze sismiche più distruttive della storia recente turca. In particolare, il primo evento di magnitudo M 7.7 secondo AFAD (la Disaster and Emergency Management Authority della Turchia) e Mw 7.9 secondo INGV è stato seguito, circa nove ore dopo, da un secondo sisma di magnitudo M 7.6 secondo AFAD (Mw 7.5 secondo INGV). Complessivamente, la rottura sismica ha interessato oltre 400 km della EAFZ, coinvolgendo diverse porzioni (o “segmenti”) di questa struttura complessa.
La EAFZ è una grande zona di taglio crostale trascorrente con cinematica sinistra che permette il movimento relativo tra la placca anatolica e quella araba. Negli ultimi decenni tale faglia aveva mostrato una relativa quiescenza sismica, interrotta dagli eventi del 2020 (M 6.8 a Elaziğ, localizzati in una porzione diversa della stessa faglia) e poi dalla sequenza catastrofica del 2023.
Figura 1 – Quadro sismotettonico dell’area. a) Con i principali segmenti delle zone di faglia dell’Anatolia Orientale sono riportate con le ellissi le lacune sismiche pre-identificate. Le stelle gialle rappresentano le localizzazioni dei terremoti storici e strumentali di magnitudo M>6.6 (Ambraseys 1989). Le frecce bianche rappresentano la direzione di movimento delle placche.
(b) I principali segmenti di faglia della zona di faglia dell’Anatolia Orientale: (1) Amanos, (2) Pazarcik, (3) Erkenek, (4) Pütürge, (5) Palu, (6) Ilica e (7) Cardak, rispettivamente (da Duman & Emre 2013). In rosso le faglie attivate nel 2023; in rosa quella del 2020. I pallini rosa rappresentano i terremoti dei primi 3 mesi dopo l’evento sismico del terremoto di Elazig del 24 Gennaio 2020, mentre i pallini blu sono i terremoti dei primo mese dopo il terremoto di Kahramanmaras del 6 febbraio 2023 (Lomax 2023). Le stelle rosse rappresentano le localizzazioni degli eventi del 24 Gennaio 2020 e dei terremoti del 6 Febbraio 2023, con i relativi tensori momento. Il riquadro in basso mostra i principali sistemi di faglie intorno alla Turchia: NAFZ è la zona di faglia dell’Anatolia Settentrionale; EAFZ è la zona di faglia Est Anatolica. Il rettangolo tratteggiato è l’area della figura principale.Nel luglio 2025 è stato pubblicato sulla sulla rivista internazionale “Remote Sensing” uno studio (https://doi.org/10.3390/rs17132270) condotto da ricercatori italiani e turchi, che ha integrato dati satellitari InSAR, misure GNSS e sismicità di magnitudo piccola-media per analizzare in dettaglio la deformazione del suolo, la geometria delle faglie e l’accumulo di deformazione lungo la EAFZ. Questi strumenti permettono di osservare con precisione come si muove il terreno prima, durante e dopo un terremoto.
L’obiettivo di tale studio è stato di comprendere meglio come si è mossa la faglia, valutare la segmentazione della rottura e stimare il potenziale sismico residuo (dove si è accumulata energia prima del terremoto e dove potrebbe esserci ancora pericolo), con particolare attenzione alle estremità delle rotture del 2020 e 2023.
Cosa ci dicono i dati geodetici e satellitari?
In questo studio i ricercatori hanno combinato:
- dati InSAR (da satelliti ALOS-2 e Sentinel-1) e GNSS, per osservare la deformazione del suolo causata dai principali eventi sismici con precisione centimetrica;
- dati GNSS da oltre 800 stazioni permanenti, per misurare lo spostamento tridimensionale del terreno causato dall’accumulo di deformazione lungo la EAFZ;
- la distribuzione della sismicità minore e delle repliche per affinare il modello di rottura.
La deformazione della crosta terrestre causata dalla sequenza sismica del 2023 è stata quindi misurata sia dai satelliti con le tecniche radar (utilizzando la tecnica dell’interferometria SAR, detta InSAR), sia da stazioni GNSS (Global Navigation Satellite Systems) collocate a terra in un’ampia regione della Turchia sud-orientale e della penisola araba. Grazie alla combinazione di queste tecniche è stato possibile ricostruire un modello dettagliato della faglia, definendone i parametri geometrici e lo scorrimento cosismico per i due eventi principali del 6 Febbraio 2023.
Figura 2 – Esempio di mappa di spostamento superficiale complessivo avvenuto durante i terremoti del 6 Febbraio 2023. Mappa degli spostamenti in orbita discendente di ALOS-2: il pannello a sinistra mostra lo spostamento osservato lungo la linea di vista del satellite (Line-of-Sight, LOS), quello centrale gli spostamenti previsti dal modello, mentre quello a destra i residui. Le stelle rosse indicano gli epicentri degli eventi principali della sequenza sismica del 2023 con i relativi tensori momento. I triangoli bianchi rappresentano la posizione delle stazioni GNSS. Due grandi rotture e un segmento ancora “silenzioso”
Il modello geodetico mostra che il primo evento di magnitudo M 7.7 ha attivato tre grandi segmenti della EAFZ: Amanos, Pazarcık ed Erkenek, con uno scorrimento cosismico massimo di circa 10 metri. Il secondo evento, di magnitudo M 7.6 ha invece interessato un sistema di faglie più complesso e localizzato, con picchi di scivolamento superiori a 12 metri lungo il sistema Çardak–Savrun.
Figura 3 – Distribuzione del movimento cosismico sui piani di faglia. Vista prospettica tridimensionale del modello di scorrimento cosismico (scala di colori) per la coppia di terremoti del 2023. Le linee rosse continue rappresentano le tracce superficiali di faglia della EAFZ (Faglia Est Anatolica) che si sono attivate durante la sequenza. Le stelle rosse indicano la posizione degli epicentri dei terremoti principali del 2020 e del 2023. I punti blu rappresentano le repliche rilocalizzate della sequenza del 2023 (Lomax 2023), mentre quelli rosa sono relativi al precedente terremoto di Elazığ del 24 gennaio 2020 di magnitudo 6.8 (Melgar et al. 2023). Le analisi evidenziano che alcune porzioni della faglia, in particolare il settore sud-occidentale del segmento di Pütürge, non si sono attivate né durante il terremoto di Elazığ del 2020 (M 6.8), né durante la sequenza del 2023. Questo tratto, identificato come segmento F5 nella Figura 3, si trova esattamente tra le rotture prodotte dagli eventi del 2020 e del 2023 ed è rimasto intatto.
Nonostante questa apparente “quiescenza”, il segmento mostra un significativo accumulo di deformazione. Si tratta di una sezione lunga circa 40-50 km, che presenta segni evidenti di stress tettonico, ma non registra rotture importanti da diversi secoli. Due eventi moderati, di magnitudo M 5.6 nel 2020 e M 5.3 nel 2022, hanno interessato questa area, ma non hanno rilasciato tutta l’energia accumulata. Analisi dettagliate di questi terremoti mostrano che la deformazione è stata molto localizzata e non ha coinvolto l’intero segmento di Pütürge.
Utilizzando i dati GNSS, cioè sistemi satellitari che permettono di misurare con grande precisione gli spostamenti del suolo, è stato possibile capire in quali zone della crosta terrestre si sta accumulando tensione. In particolare, il segmento di Pütürge sembrerebbe essere fortemente “bloccato”: le due parti della faglia non scorrono liberamente, ma restano ferme accumulando energia elastica a un ritmo di circa 10 mm/anno. Anche l’area di Hatay, più a sud-ovest, dove nel 2023 si è verificato un terremoto di magnitudo 6.4 pochi giorni dopo l’evento principale, mostra una deformazione complessa. Questo perché la regione si trova vicina ad altre grandi strutture tettoniche: la Faglia del Mar Morto, una lunga spaccatura che dal Mar Rosso arriva fino alla Turchia, e l’Arco di Cipro, una zona a sud dell’isola di Cipro dove una placca terrestre scivola sotto un’altra. Queste grandi strutture influenzano il comportamento della crosta terrestre nella regione, rendendo l’area particolarmente complessa dal punto di vista sismico.
Cosa significa tutto questo? Quali sono le implicazioni?
Le porzioni della EAFZ rimaste “silenziose” (anche in seguito agli eventi del 2020 e del 2023), in particolare il segmento sud-occidentale di Pütürge, rappresentano delle possibili zone a elevato potenziale sismico. I calcoli mostrano che, se l’energia accumulata in questo settore venisse rilasciata in un unico evento, potrebbe generare un terremoto di magnitudo stimata tra 6.6 e 7.1. Nella zona di Hatay (dove comunque c’è stata anche una scossa M 6.4 pochi giorni dopo), invece, il comportamento delle faglie è complesso e ancora poco conosciuto, quindi servono ulteriori studi.
Le estremità delle rotture cosismiche sono note per essere aree ad alta complessità strutturale, dove spesso si concentra un potenziale sismico residuo. Per questo, sia la zona di Pütürge (a nord-est) che quella di Hatay (a sud-ovest) meritano particolare attenzione, come potenziali siti di futuri forti terremoti.
Conclusioni
Questo studio dimostra l’importanza del monitoraggio continuo delle faglie non solo durante le crisi sismiche, ma anche nei lunghi intervalli intersismici. Segmenti come quello di Pütürge, rimasti “in silenzio” durante eventi recenti, possono nascondere una pericolosità sismica significativa.
Investire nella sorveglianza delle faglie attive attraverso l’integrazione di dati satellitari, GNSS e nella modellazione della deformazione è fondamentale per comprendere meglio la dinamica tettonica e migliorare la valutazione del rischio sismico.
A cura di Daniele Cheloni (INGV – ONT), Nicola Angelo Famiglietti (INGV – Irpinia), Aybige Akinci (INGV – Roma1), Riccardo Caputo (Università di Ferrara), Annamaria Vicari (INGV -Irpinia).
Bibliografia essenziale:
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- Cheloni, D. & Akinci, A., 2020. Source modelling and strong ground motion simulations for the 24 January 2020, Mw 6.8 Elazığ earthquake, Turkey, Geophysical Journal International, Volume 223, https://doi.org/10.1093/gji/ggaa350
- Cheloni, D., Famiglietti, N.A., Akinci, A., Caputo, R., Vicari, A., 2025. Modeling of the 2023 Türkiye Earthquakes and Strain Accumulation Along the East Anatolian Fault Zone: Insights from InSAR, GNSS, and Small-Magnitude Seismicity, with Implications for the Seismic Potential at Rupture Terminations, Remote Sensing, Volume 17, https://doi.org/10.3390/rs17132270
- Duman, T.Y. & Emre, O., 2013. The East Anatolian Fault: geometry, segmentation and jog characteristics, Geol. Soc., Lond., Spec. Publ., 372, https://doi.org/10.1144/SP372
- Lomax, A., 2023. Precise, NNL-SSST-Coherence Hypocenter Catalog for the 2023 Mw 7.8 and Mw 7.6 Turkey Earthquake Sequence, March 2023. Available online: https://zenodo.org/records/7699882
- Melgar, D., Ganasa, A., Taymaz. T., Valkaniotis, S., Crowell, B.W., Kapetanidis, V., Tsironi, V., Yolsal-Cevikbilen, S., Ocalan, T., 2020. Rupture kinematics of 2020 January 24 Mw 6.7 Doganyiol-Sivrice, Turkey earthquake on the East Anatolian Fault Zone imaged by space geodesy, Geophysical Journal International, Volume 223, https://doi.org/10.1093/gji/ggaa345
- 06 Oct 2025 15:58 - Erasmus+. Delegazione della Koç University di Istanbul in visita a Roma
Consolidare le relazioni scientifiche internazionali e scambiare buone pratiche. Con questi obiettivi si è svolto con successo un programma di scambio tra l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e la Koç University di Istanbul.
L’iniziativa si inserisce nell’ambito delle attività dedicate alla formazione e alla ricerca previste da Erasmus+, e ha permesso a una delegazione turca di recarsi nella sede di Roma dell’INGV per cinque giorni per conoscere da vicino le strutture e infrastrutture di ricerca. Particolare attenzione è stata dedicata alle attività formative legate a progetti internazionali quali:
- L’ European Plate Observing System (EPOS ERIC);
- L’ European Multidisciplinary Seafloor and water-column Observatory (EMSO ERIC);
- Le attività internazionali, educative e sul trasferimento di conoscenza nell’ambito tsunami del Centro Allerta Tsunami dell’INGV (CAT-INGV);
- Le attività svolte nell’ambito del consorzio ARISTOTLE-ENHSP.
Questa esperienza ha permesso di rafforzare lo scambio di conoscenze, in coerenza con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (UN SDGs).
Fonte foto: EMSO ERIC
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